la rottura   Leave a comment

Carmine prende posto sulla panchina più vicina alla spillatrice.
Crack.
Il guscio di una noce va in mille pezzi. Carmine sbuffa, volge lo sguardo a destra e a sinistra, inghiotte tutto d’un fiato la noce che prima (prima?) d’essere spaccata sembrava un cervello.
Crack.
Carmine mastica nervosamente e ripensa a tutte le volte che l’aveva chiamata.
Cr-crack.
Non aveva mai risposto, in realtà non aveva neanche mai messo giù. Ma lui, sempre masticando, lo sapeva: la sua era una vana speranza. E forse anche vanagloria.
Crack.
L’ennesimo guscio schianta sotto la pressione delle tenaglie. Il tavolo è talmente coperto di rimasugli di frutta secca che, se Carmine lascia che gli occhi s’incrociano, paiono frattaglie.
Tutt’intorno è un crepitio di voci, di strusciare di scarpe.
Un’altra occhiata al cellulare: niente sullo schermo, solo le ventitré e un quarto.
Crack.
Le guance ormai trasformate in due palloni, Carmine s’alza, con la ferma decisione di andare a casa e dimenticare tutto. Aspettarla ancora un minuto sarebbe stato come non andarsene mai.
Giulia.
Ma c’è quel blocco informe di distratti e di risate a bloccare il passaggio verso l’uscita. Carmine l’affronta a testa bassa, si mette a premere e a spintonare, ma chi sente le grida di una bocca piena di noci? Carmine spinge ancora, ecco s’apre un varco in mezzo alla calca in fermento, lui ci si butta subito e la massa di corpi gli si richiude intorno, ecco è nell’involucro, manca l’aria, e stringe, si stringe…

crack.
Carmine sembrava un cervello. Ora pare frattaglie, tutto sparso sul tavolo.

Pubblicato 8 Maggio 2014 da gionnigrey in Senza categoria

Invecchiare in poche righe   Leave a comment

Di questi tempi, si condivide molto. E’ che c’è molto da condividere, probabilmente. Allora io condivido con voi la mia sorpresa nello scoprire che dall’ultimo post su questo blog ad oggi è passato più di un anno, così senza avvisare. Quindi, tutto preso dalla buona volontà, ho loggato. E ora sono le quattro e mezza del mattino, gli uccellini cantano e io devo andare a letto.
Quindi mi sento di condividere con voi anche questo: buonanotte.

Pubblicato 16 giugno 2013 da gionnigrey in Senza categoria

Non sono andato…   Leave a comment

Non sono andato alla Bergamo Street Parade sabato pomeriggio.

Mentre tutti là fuori sgambettavano euforici, io stavo col pigiama di flanella davanti al computer coi capelli gusto petrolio e la barba vecchia di diversi giorni. Annoiato e trasandato com’ero, fui facilmente trascinato dai venti d’insulsa polemica che soffiavano fortissimi, quel giorno. C’era chi cavalcava tali venti con maggior destrezza di quel Napoleone davidiano che tanto ci ha fatto ridere quando hanno messo il t-rex al posto del cavallo.
Cinque minuti dopo la morte senza senso apparente d’una giovane studentessa, tre quarti dell’Italia aveva già condiviso seicentomila link contro le mafie (e, dopo aver cliccato su “invio”, pensava: “beccatevi questo, mafie!”), mentre il venticinque per cento rimanente aveva già raccolto prove sufficienti per puntare il dito contro servizi segreti deviati, la speculazione finanziaria, Mario Monti, le banche, il signoraggio, le multinazionali del farmaco, le scie chimiche, il Bilderberg e Francesco Totti.
Si indice la giornata di lutto nazionale. Anzi, quasi non la si indice, sono gli stessi cittadini a fare penitenza, dire fare baciare lettera o testamento.
E’ morta una ragazza, dobbiamo mobilitarci perché non succeda più, l’evento in sé si intende, eh! Che non muoia più chi è già morto! Non le persone (vecchi ragazzi uomini bambini) che qui in Italia muoiono e continuano a morire per stragi silenziose, ingiustizie quotidiane subdole molto meno spettacolari, molto più difficili da emblematizzare – loro NO! Molti di loro sono addirittura ancora vivi, figuriamoci.

Insomma, mentre l’Italia nel giro di un pomeriggio si trasformava nel meeting di investigatori (o, se preferite, nel salotto di Vespa) più grosso del mondo, certi Napoleoni di cui si diceva, presi dallo sconquasso emotivo, dall’ambascia insormontabile e profondissima del lutto subìto, si indignarono molto nel realizzare che la Bergamo Street Parade non era stata rinviata. Persino il Papa avrebbe sospeso la maratona di “The big bang theory” prevista per quel giorno.
Ora, che c’è di meglio d’una botta di vita per condannare una morte ingiusta?
Sicuramente meglio una botta di vita di una manifestazione politica, di fronte alla morte. Se proprio vogliamo rendere la morte un lacrimoso spettacolo, di fronte a tale spettacolo si stia almeno zitti. Politica e improvvisati opinionisti dovrebbero frenare e chiudere la bocca, almeno per un santo macabro giorno.
La Bergamo street parade non l’ha fatto. Ma lei poteva, con il suo schiaffo vitale ora  trasformato in vomito rappreso sui muri. Opinioni e politica, rivendicazione e cambiamento non scorrono in mezzo a musica a tutto volume, divertimento, ballo, alcol e droghe, se non solo in superficie (e chi crede di cambiare così la realtà sociale quotidiana, o è in malafede o è un illuso). Loro potevano festeggiare, e giustamente l’hanno fatto. Perché sono vivi.
Io alla Bergamo street parade non ci sono andato. Purtroppo ero malato.

blocco   Leave a comment

le oppressioni colpiscono dibattendosi dentro e fuori, fuori le unghie la pelle sfregiata nel sonno.
La pancia pesa come piombo, la mente manca d’ossigeno e nervosa si sgonfia e s’avvizzisce, vivere è sognare di combattere mentre essa indisturbata s’addormenta.

Alla fine ci si abitua a tutto, anche al tormento, anche a vivere nei sogni.
E’ un processo inesorabile. I contorni delle figure non sono più così importanti, l’orologio, strana nemesi odiosa, non t’insegue neanche più, sta lì e ti guarda sconsolato, gli fai pena.
Hai mentito a tutti quanti, continueresti a mentire. Già lo sai che continuerai a farlo.
Abbassi lo sguardo, cerchi la tua virilità, le tue palle, non le trovi, metti qualcosa sotto i denti per non pensarci per un secondo.
Si chiama blocco.

Pubblicato 12 gennaio 2012 da gionnigrey in Senza categoria

artevaporazione   Leave a comment

Non so scrivere una poesia. Mi è nascosto il fuoco che trasforma la carne in inchiostro.
La sua luce l’ho vista, mi abbagliano le sue ceneri. L’amo, la inseguo, ma non ho un collo che può contemplare la fiamma, e nemmeno la pelle dura di conoscerne il marchio. La mia carta esangue si sgretola fra le mani di chi la contempla.
e poi nel corpo l’irruenza e il fracasso dell’ego rimbombano e ti celano la vista.
Così Consumarsi è camminare tentoni
e usare l’udito.

(liberamente ispirato)

Pubblicato 11 giugno 2011 da gionnigrey in Senza categoria

a posteriori   Leave a comment

Sto seduto e ascolto.
Un colpo di tosse e il tempo viene scandito nuovamente dal mio corpo. Come se non esistesse altro tempo da quello biologico, come se i numeri fossero davvero solamente delle illusioni, delle visioni, ben ordinate d’accordo, ma visioni. E così i palazzi della metropoli si svelano come costruzione dei sogni, sono il corpo dell’essenza astratta, e sono dei fantasmi.
Con la scienza degli uomini si schiude il forziere della creazione: chi distoglie lo sguardo dal vaso scruta le mani del vasaio, ma sia osservatore che osservato sono fatti di ceramica perché sono il vaso.
Un altro colpo di tosse, e ricordo che da città alta scende illuminata la fila delle macchine, anch’io guido, e sembra che abbiamo tutti la coda fra le gambe. Siamo universi antropomorfi, ben separati, beninteso! Ma stiamo condividendo una strada e siamo tutti governati dal colore che abbiamo scelto per governarci e com’è normale non ce ne lamentiamo. Così mi sono sentito abbandonato e meno solo nello stesso istante.
Sì, siamo tutti lungo lo stesso destino ora, e nessuno escluso lo adempieremo guidando finché nel tempo della materia anche il tempo delle nostre coscienze non si sarà esaurito, per ciascuno. Il tempo della materia è la borsa di Mary Poppins! Contiene infiniti orologi biologici, intervalli interminabili, estati fugaci, miliardi di gelati. Sto tornando a casacon la coda fra le gambe e sto sognando in macchina: i sogni si fanno più vividi se evocati in movimento, le immagini sono sul tapis-roulant e s’accendono ben bene. Chi ha paura del silenzio del reale vive i propri sogni, e poi, a furia di sognarli tutti, prima o poi (per quanto ingiusto) uno lo incontri, come se mentre scendi una scala di pietra arrivi al tavolo, e non ti siedi perché stai già scappando.

Pubblicato 13 Maggio 2011 da gionnigrey in Senza categoria

il naufrago   Leave a comment

forse da qualche parte
sdraiato su un po’ di legno
respira un naufrago nel mezzo del giorno.
La brezza sul suo corpo
è l’unica a soffiare il mare
e i capelli bianchi
poggiati al torace
dolcemente si levano.

Sorride il naufrago alla sua fine
guardando al passato
che si annacqua di azzurro:
il ricordo di una terra
che non era mai riuscita
a cullarlo così bene.

Pubblicato 2 Maggio 2011 da gionnigrey in Senza categoria

scrivere cose inutili   Leave a comment

E’ una scenografia dei gesti: un contesto acquisisce un carattere, diventa narrativo. Un racconto nel quale tutti gli elementi al suo interno, prevalentemente di natura visiva e sonora, sono funzionali ad esso e ne completano la semantica, la caratterizzazione.
Questa narrativa è spontanea, e non necessariamente simbolica, cioè interpretativa, e si mostra più facilmente in contesti piccoli, o composti da pochi elementi. E’ cioè meglio osservabile in una realtà dalla scarsa complessità, in grado quindi di caratterizzarsi nella maniera meno dispersiva e variegata possibile.
Una situazione solitaria, notturna, composta da gesti ripetuti nel tempo è una di queste realtà: una notte spesa a girare in tondo, ossessivamente, su una manciata di siti internet può’ essere di esempio.
L’allungarsi, a dismisura e all’infinito, dello spaziotempo è una sospensione della realtà, un sortilegio misterioso, un terreno a malapena sorvegliato dalla coscienza, dove ogni elemento contestuale dell’atto ripetuto assume una rilevanza (semantica) ben precisa- un volto inconfondibile e necessario. Il rumore della ventola del pc, il risuonare dei tasti premuti di fatto sottolineano il silenzio della stanza, attuano fonicamente la solitudine di quel contesto. Ma quegli stessi suoni, se spostati in un altro contesto, perderebbero facilmente questa funzione: ad esempio, usando il pc insieme ad altre persone il suono prodotto dai tasti sarebbe semplicemente il suono prodotto da una tastiera quando viene usata, probabilmente perché di fatto esso sarebbe marginale nella gerarchia sonora di quel contesto (rispetto alle voci delle persone, alla musica che si sta ascoltando eccetera). La narratività di un suono è quindi direttamente generata dal contesto al quale appartiene, e dall’interpretazione di chi lo recepisce.
Le immagini e i colori dei portali telematici che si riflettono sul volto dell’internauta, ripetendosi in una giostra infinita, sono gli angoli della stanza in cui la mente, in quel momento, è imprigionata.
Pareti d’ossessione in cui le informazioni cessano di essere tali, perdono il loro carico concettuale: la loro semantica si trasferisce in quella del contesto di cui fanno parte (in questo caso del girovagare notturno, solitario, insensato dell’internauta) e si asciugano nelle loro stesse immagini: il titolo di un articolo nella prima pagina di un quotidiano online, in evidente grassetto blu, di fatto perderà il messaggio che veicola e diventerà il suo stesso volto, quello stesso grassetto blu e nient’altro, una componente essenziale del puzzle scenografico del contesto, in cui non è più lui a essere guardato, acquisito, letto, ma è lui che, in quanto componente attivo della giostra ossessiva, ti guarda.

Pubblicato 27 aprile 2011 da gionnigrey in Senza categoria

l’idealista   Leave a comment

Ogni mattino ti sveglia utòpia,
negli occhi sta asciutta la perfezione
di una strada lastricata di sogni
un ideale che non conosce odori.
Pomeriggio al secondo binario la vita
s’è gettata tra stringhe e carte da gioco
in un ammasso di terra e acqua di campo
come il carbone sulla pelle morbida:
di quel sapore amaro è fatto il mio amore.
S’intravede al tramonto
il gesticolar delle ombre in battaglia
l’immaginario e l’immagine che si contendono il mio corpo;
E di sera lo sguardo sornione di un capotreno
che ha rinunciato alla soluzione:
ha rovesciato il suo vaso di pandora
in un tombino dimenticato dalla luce
e ora non pensa più.
Lo invidio perché
ha smesso di versare lacrime
su di un volto che guarda altrove.

Pubblicato 25 aprile 2011 da gionnigrey in Senza categoria

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(sospiro)

Pubblicato 14 aprile 2011 da gionnigrey in Senza categoria